Nessuna sentenza la definisce meglio di questa: "Entra ed esce indisturbatamente, ma molto disturbante". Nelle serissime e essenziali ed esistenzialmente brevi (dalle due alle tre ore di pallosa conversazione sui tossici e comunità terapeutiche) l'infermiera Marina Zerla, detta Zebra per le striscie di cenere e catrame sui suoi immacolati camici e polmoni, non ha fatto altro che entrare e uscire dalla sala riunioni maledicendo ora questo ora quello, inciampando e facendo inciampare il prossimo nel filo del telefono, continuamente svalutando l'opera di profondo aiuto sociale che i membri delle equipe cercavano di dare ai poveri malati di tossicodipendenza e interconnesse disfunzioni del cerbero-cervello, tutte povere creaturine di Dio. E' una donna sexi amante del ballo liscio e delle leccornie alimentari. Non ama le mummie le merdacce e zoccole. Ha un solo difetto: parla a voce talmente bassa che bisogna chiederle di continuo cosa ha detto. Che altro dire se non che è fantastica?
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