Mamma, devo confessarti una cosa…

 

Cara Mamma, anzi

Mammina cara ti voglio tanto bene smack…

così sai subito che ho da dirti una cosa importante. Sei stata tu a farmi notare che quando ti chiamo "mammina cara" e poi aggiungo "ti voglio tanto bene" e poi ti vengo vicina a darti un bacio, sto per iniziare una confessione. Come quella volta che ammisi di aver mangiato io il budino di nascosto, oppure quando diedi la marmellata di mirtilli al Marchino, che non parlava ancora e tu nel vederlo con le labbra viola ti spaventasti, perché credevi avesse preso una brutta malattia. Oppure quando spesi tutti i miei risparmi per comprarmi (sempre di nascosto) quelle Nike, e tu non volevi perché costavano troppo e poi erano brutte. Ora lo ammetto: erano brutte. Ma a me piacevano tanto, e io, bugiarda, avevo detto che i soldi li avevo prestati alla Cristina. Proprio così, mammina cara, ti voglio tanto bene, smack. Ma questa volta non sono capace di fartela a voce, la confessione. Come sai, domani parto per il mare con la Claretta, suo fratello Nicolò e i loro genitori. E' un regalo bellissimo. Wow, la mia prima vacanza con un'amica! Grazie. Domattina, prima di uscire, lascerò questa lettera nel cassetto delle posate. Così, quando tu lo aprirai per apparecchiare la tavola, saprai la verità. Ora sono nella mia cameretta. Il papà è al lavoro e tu sei andata a trovare la zia Mariella. Il Marchino è appena tornato dal suo allenamento e ha lasciato in giro un casino allucinante. E quando tu tornerai sarà tutto in ordine, perché io, da "brava donnina", come dici tu, avrò messo tutto a posto. Lo so che non devo sottolineare quello che faccio, che mettere in ordine è un mio dovere, ma il Marchino non fa mai un bel niente… Ora è di là che gioca alla play-station, così ne approfitto per farti la confessione che avrei dovuto farti da tempo. Ho guardato nel cestino. Ho visto i fogli che ho iniziato a scrivere, e che sono finiti là dentro appallottolati. Mi sono imposta che questo sarà l'ultimo. Ho fatto dei lunghi respiri, come ci ha insegnato la profe di ginnastica, ma la mano mi trema ancora un pochino. Trema per la paura. Mi vergogno tremendamente, e temo che tu non vorrai perdonarmi per quel che ho fatto. Ti prego, mamma, chiamami "la mia pulcina" come quando ero piccola e piangevo disperata per qualcosa, e dimmi che mi hai perdonato. Come quando pochi mesi fa mi lamentavo di essere brutta, e tu mi hai calmata dicendo che il mio principe azzurro era già nato. Avevi ragione. La mano mi trema anche per la felicità. Ed è la felicità che mi ha fatto decidere. Del perché sono felice te lo dirò in ultimo. Mmm… Ecco, vengo al sodo. Ricordi l'anno scorso? Quando sul giornale, su tutti i giornali, su tutti i telegiornali fu diffusa la notizia che "il solito pazzo" aveva danneggiato il busto dell'imperatore Adriano, nel Museo Romano di Brescia? Ricordo che ne parlammo a tavola, anche perché per coincidenza il giorno del fatto io mi trovavo a Brescia con la scuola, e poche ore prima la nostra classe aveva visitato proprio quel museo. Tu sembravi particolarmente dispiaciuta, come se avessero fatto del male ai tuoi figli: come se avessero sfregiato me o peggio il tuo Marchino (dai, mamma, ammettilo che è il tuo preferito, no, dai, scherzo… lo so che per te siamo uguali). Eri dispiaciuta perché dell'imperatore Adriano eri innamorata. Avevi letto quel libro "Memorie di Adriano". L'avevi letto e divorato non so quante volte. Lo tenevi sul comodino come una bibbia. E mi avevi raccomandato di leggerlo, ma per me, iniziate due pagine, era troppo difficile. Mamma, renditi conto: anche se mi sono spuntate due palline qua, sopra i polmoni, faccio ancora le medie. Anche se mi sono venute le mestruazioni, per certe cose sono ancora una bambina, lo dici sempre anche tu. Lo leggerò il prossimo anno, te lo prometto, quando avrò iniziato il liceo… Insomma, tu eri veramente arrabbiata. Picchiavi il dito sulla fotografia del giornale, dove si vedeva il naso mancante dell'imperatore. Dicevi che certi farabutti bisognerebbe impiccarli. Proprio tu che non faresti del male a una formica. Papà rideva e ti diceva non prendertela, perché in fondo era soltanto un pezzo di marmo, anche se con la faccia da imperatore. Ti aveva fatto ammettere (a fatica) che sarebbe stato peggio se avessero spaccato il naso del custode. Io ero d'accordo con lui, e cercavo di distrarvi dall'argomento. Avevo i miei buoni motivi... In quei giorni c'era stata un'inondazione in Cina, e alla tele si vedevano le persone annegare nel fiume a decine. Io te l'avevo fatto notare, che c'era anche quella disgrazia nel mondo, ma tu continuavi a discutere col papà del busto di Adriano. "Ma che c'entra adesso la Cina…" avevi detto. Mi avevi fulminata con lo sguardo, e mi avevi ordinato di stare zitta. Poi alla fine te le sei presa col Marchino, perché faceva ballare il tavolo con un piede, come suo solito, quando si mangia. Ricordo perfettamente. Mamma, quando tu avevi la mia età… le hai mai fatte le esercitazioni di baci? Scusa se salto di palo in frasca, ma è tutto collegato e non voglio cancellare nulla. Questo foglio non deve finire nel cestino. La Sandra e la Melissa, sono state loro a dire che prima di baciare un ragazzo bisogna provare col cuscino. Mi ci vedi mamma, a baciare il cuscino? Mi viene da ridere e so che anche a te verrà da ridere nel leggere che l'ho fatto. Ti prego, perdonami. La Melissa, che a te non è mai piaciuta perché troppo sfacciata, era andata oltre con le sue esercitazioni. E in effetti è stata lei la prima di noi a baciare un ragazzo in carne ed ossa. Sai che i suoi hanno il negozio di abbigliamento in piazza, vicino alla chiesa. E sai pure che dietro al negozio c'è il magazzino, pieno di abiti e di manichini. Un giorno eravamo io, la Sandra e la Melissa e tornavamo dall'oratorio. La Melissa aveva appena finito di raccontare che aveva baciato il Moreno e ci fa: "I miei sono andati alla fiera di Milano. Dai che vi porto a vedere il mio primo uomo!". E rideva. E noi dietro. Ci porta nel negozio e io ho guardato il vecchio commesso, il signor Rossetti, quello sempre gentile. Ero spaventata che potesse essere lui, il primo uomo che la Melissa aveva baciato. Avevo paura che fosse un pedofilo. Poi la Melissa ci fa entrare nel magazzino, chiude la porta a chiave da dietro, ci indica un manichino nudo di uomo e dice: "Vi piace il mio fidanzato?". E gli si tuffa addosso a baciarlo con la bocca, con passione, muovendo la testa, la sua e quella del manichino, di qua e di là, ora abbracciandolo alla nuca ora ai fianchi. Mamma, non ti dico che sensazione strana. Faceva senso. Sembrava uno di quei film dove gli uomini si innamorano delle macchine, degli androidi di plastica, senza sentimenti, hai presente? Poi la Melissa voleva che provassimo, che anche la Sandra e io dessimo prova di essere pronte per un bacio quasi vero, dopo quello col cuscino. La Sandra ha provato. Prima ha voluto che la Melissa pulisse con la spugna la bocca del manichino e poi ci si è buttata anche lei. Io non l'ho fatto, questo no. E loro due mi hanno presa in giro. Ci sono stata male per due settimane. Poi è venuta la gita al Museo Romano. La Sandra aveva conosciuto il Gianluigi e anche lei si vantava di averlo baciato. Insomma, mi sentivo scema, imbranata, deficiente. Guardavo fuori dal finestrino del pullman, mangiavo nervosamente un budino e piangevo. Ero la sola della banda a non aver ancora baciato nessuno. La Melissa e la Sandra dicevano: "E' perché non hai voluto baciare il Giorgio (è così che loro chiamavano il manichino)". Mammina, quando siamo entrate nel museo e ho letto la targa "PUBLIO ELIO ADRIANO Imperatore di Roma 117-138 DC" mi è venuto un colpo, ho pensato a te e ho visto muoversi le sue labbra, e dai suoi occhi uscire lampi che mi abbagliarono come fari nella notte. Poi passammo oltre, la profe d'italiano Mainardi s'era accorta di qualcosa, come per telepatia. Infatti disse: "Bellissimo, vero?". Io pensai che si riferiva al busto di Adriano, ai suoi occhi, alle sue labbra, come le avevo viste io. Ci disse che gli antichi avevano l'abitudine di colorare le statue, di arrossare le guance e mettere il blu e il marrone sugli occhi e sui capelli, per rendere le loro opere più simili agli originali. Tu dicevi che Adriano era bello, intelligente, saggio, generoso e ti assicuro che io provavo gelosia al posto di papà, non volevo che tu amassi un altro uomo, che stupida, era solo un personaggio. E forse, mamma, quel giorno ho fatto quello che avresti voluto fare tu. Ho baciato Adriano. Ora che ho baciato Nicolò, e penso che domani sarò al mare con lui (la Claretta lo sa, e in un certo senso è mia complice) sono felicissima, e quel bacio dato a un pezzo di marmo, come dice il papà, mi sembra una gran cretinata, ah ah. La profe di artistica, la Giuliani, a un certo punto mi si avvicina e mi chiede: "Senti, Marini, tu che sei così bravina a disegnare, perché non prendi qualche appunto, non fai qualche schizzo di questi bei mosaici, che poi li usiamo in classe". E io ho subito pensato ad Adriano. Non potevo togliermelo dalla testa. Mi piaceva, me ne ero innamorata anch'io, anche se oltre alle donne aveva amato degli uomini e tu, giustamente, mi spiegavi che l'omosessualità deve essere considerata una cosa normale. Così ho tirato fuori dallo zaino foglio e matita e ho cominciato a disegnare qualche greca, qualche festone di quelli riprodotti sui mosaici. Poi mi sono guardata attorno. La Mainardi, con quella sua voce orrenda da gallina, stava spiegando come venivano cotti i mattoni. Tutti sbadigliavano, e io quatta quatta sono tornata indietro. Avrei baciato il tuo imperatore. Nessuno si accorse di nulla. La nicchia in cui si trovava la statua era piuttosto lontana e c'era il baccano di altre scolaresche. Il busto era in alto, sopra una colonnina. Allora sono salita sullo zaino, gli ho accarezzato una guancia, i capelli e gli ho passato un dito sulle labbra. Poi mi è venuto spontaneo poggiare la mia bocca contro la sua, e ho spinto tanto forte da farmi venire per qualche secondo l'anestesia come quella del dentista. In quel momento ho sentito un crack sotto, come quando si spezza il pane secco, un crack piccolo, e la colonnina su cui era il busto si inclinava verso di me. Allora sono stata riportata alla realtà e ho cercato di tenere tutto fermo. Capivo che stava succedendo un disastro. Ho pregato la Madonna. "Ti prego, ti prego" mormoravo stringendo gli occhi. "Anche se Gesù ti è stato dato dallo Spirito Santo, anche tu avrai baciato almeno una volta San Giuseppe. Ti prego, ti prego, fai tornare tutto a posto, come prima". Ho tolto le mie labbra da quelle di Adriano e ho sentito un altro crack, più grosso. Ma ho continuato a pregare e, mentre pregavo con tutta me stessa, sono riuscita a rimettere in equilibrio il busto di Adriano col suo sostegno. Senza voltarmi ho raggiunto i miei compagni, e mi sono fermata col cuore in gola ad aspettare il rumore spaventoso che il crollo della statua avrebbe provocato in tutto il museo. Mi sono vista in prigione, dio mio, mamma, mammina, quanto stavo male. E l'indomani abbiamo saputo tutti che durante la notte "il solito pazzo" aveva fatto scempio dell'arte. Anche se la polizia non sapeva spiegare come fosse entrato nel museo, visto che le porte non erano state forzate. Le impronte sulla statua erano di persona sconosciuta, e la scientifica aveva trovato tracce di budino. Sicuramente il mio.

Mammina cara, ti voglio tanto bene, smack.

La tua pulcina Michela

FINE

 

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