Hei
Hai Hou Wà
racconto
per bambini, illustrazioni di Gabriel Marcelli otto anni
Miei giovani e cari lettori (uso
il plurale per non fare differenze tra maschi e femmine),
chi vi scrive è un vecchio dai
capelli ormai tutti bianchi, e dalla salute malferma come una
foglia del tardo autunno. Sono vissuto tanto, che potrei
raccontarvi cento, anzi mille storie, alcune belle e altre
brutte, tutte vere. Però ve ne racconterò una inventata,
perché le storie inventate sono più belle di quelle realmente
accadute e talvolta sembrano perfino più vere.
Ero lultimo di undici figli, e i
miei genitori erano sempre pieni di lavoro, perciò da piccolo
passavo molto tempo col nonno materno, quello che era partito per
lAmerica a cercare fortuna, ed era ritornato a casa dopo
pochi anni, più povero di prima. Guardatemi! Adesso sono
anchio come lui: per camminare devo aiutarmi con un
bastone, e con questocchio, questo che sto toccando, non
vedo altro che ombre, proprio come accadeva a lui, che morì
cieco. Quando gli domandavo come fosse lAmerica, lui finiva
sempre per parlarmi degli Indiani. Per un certo periodo, aveva
lavorato nel cantiere di un grattacielo, a Nuova York. Oggi,
questa grande e bella città, la chiamano tutti Niù York, ma ai
suoi tempi e anche ai miei si chiamava Nuova York. Bene. Su quel
grattacielo, che scalava le nuvole con cento piani, lavorava
anche un indiano della tribù degli Irochesi. Mio nonno e lui si
vedevano tutti i giorni, perché facevano parte della stessa
squadra, ricevevano ordini dallo stesso capo, condividevano gli
attrezzi e si passavano i materiali. Così erano diventati amici,
e nelle pause del pranzo, quando bevevano vino e masticavano
panini che parevano gomma (così mi diceva) si raccontavano a
vicenda delle storie. Mio nonno gli raccontava le leggende della
nostra terra: di Santa Lucia con lasinello, e della Befana,
che venivano a portare doni ai bambini buoni, e lindiano
tutte le avventure nelle verdi praterie dove era vissuto prima di
venire in città. Tra le storie dellindiano, ce nera
una che mio nonno raccontava più spesso delle altre, perché io
gli chiedevo di ripeterla allinfinito, tanto la trovavo
bella. Parlava di un piccolo pellerossa, dal nome
difficile: Hei Hai Hou Wà. Dovete dirlo con le acca aspirate.
Forza, provate. Sì, bravi, proprio così: Hei Hai Hou Wà! Si
vede che con tutta la televisione e i computer di oggi, niente è
più difficile per voi. Il piccolo indiano aveva per amici un
cavallo e un corvo. Il cavallo era di quelli che non ho mai
capito se sono bianchi con le macchie nere o neri con le macchie
bianche, e il corvo, quello era tutto nero, come il carbone.
Nella lingua irochese, Hei Hai Hou Wà significa proprio
"bambino-cavallo-corvo... e fiume". Forse lordine
dei nomi non è quello giusto, perché come vi ho detto sono
vecchio, e ho perso un po la memoria. Ma questa cosa è di
poco conto, continuiamo la storia.
Appena nato, i genitori avevano
chiamato il loro figliolo con un nome tipico degli indiani, che
so: Gatto di Montagna, Fiore di Primavera o Alce Coraggioso, ma
più tardi furono i suoi compagni a chiamarlo Hei Hai Hou Wà,
per via del suo strano gioco. Senza sforzarvi, potete immaginare
centinaia di bisonti che si muovono laggiù, nei pascoli del
tramonto, ma per quanto voi ci proviate, non potrete riuscire a
spingere il piccolo indiano ad andare da quella parte. Perché è
impossibile costringere quel testone a fare qualcosa di diverso
dal suo solito gioco con l'acqua. Sapete,
non posso fare a meno di pensare che lui è sempre lì, in uno
spazio della mia mente in attesa che qualcosa scatti e il tempo
inizi a scorrere. Ma questo non avviene. Lo guardo, fuori passano
gli anni, però la sua faccina abbronzata è sempre la stessa,
lucida e senza rughe. Dai, venite, facciamoci piccoli piccoli,
approfittiamo del passaggio di una mosca delle sequoie e
appoggiamoci sul suo nasino. Possiamo vedere da vicino le macchie
dei mirtilli che ha appena mangiato, e i segni di qualche
graffio, perché lui un bambino vivace, come immagino siate voi,
e come lo ero io, e so di certo che i suoi genitori l'hanno
rimproverato più volte. Volete sapere in cosa consiste il gioco
di Hei Hai Hou Wà? Ora ve lo dico.
Questo piccolo selvaggio corre
sulla riva del fiume col suo cavallo bianco e nero (o nero e
bianco), e l'uccello lo segue, con le ali aperte nella scia dei
suoi capelli nel vento. Luccello gracchia e il cavallo
soffia e, come ogni cavallo che sa correre davvero, lancia bava
di qua e di là, quando lui lo fa filare a rotta di collo giù
per il pendio, all'inseguimento del fiume. Sì, perché il
divertimento preferito di Hei Hai Hou Wà è di gareggiare col
fiume, di giocare a chi arriva prima al laghetto, dopo la
cascata. Cercate di vederlo, il fiume. Antico come il mondo,
eppure sempre disposto a scherzare con un monello di prateria.
Per lui, ancora meno che per Hei Hai Hou Wà, il tempo non passa:
i suoi ciottoli non sono consumati, il suo letto è appena
scavato, la sua acqua è pulita come un paradiso e la sua schiuma
leggera. E nello scendere schiamazza, come fa Hei Hai Hou Wà. I
suoi amici lhanno chiamato così, perché prima di ogni
partenza lui alza il musetto color tabacco e, come un lupo alla
luna, urla al vento i quattro nomi: del bambino, del cavallo, del
corvo e del fiume. Hei Hai Hou Wà. Il punto da cui parte la
corsa è sempre lo stesso: la riva destra guardando verso i
monti, dove sorge quella rupe che sembra un grande chiodo
conficcato nel terreno, non lontano dalle ultime capanne del
villaggio. Tra i due sembra esserci unintesa segreta,
perché quando il bambino fa l'appello, l'anima del fiume si
ingrossa, e al suo centro nasce unonda che fa ribollire
pietre e pesci. Allora lui tallona i fianchi del cavallo e lo
costringe a impennarsi, come vedo certi ragazzi fare con il
motorino (ed è una cosa che mi fa molto spavento). E quell'onda
insolita risponde al richiamo, e dopo due spruzzi e due saltelli:
VIA, la corsa inizia. L'onda
si sposta velocissima tra i massi, si lancia in alto e tocca i
rami degli alberi, salta i tronchi morti, taglia le anse, fa
rotolare i ciottoli dentro e fuori dal greto, e se non fosse che
dall'acqua non nasce mai il fuoco direi che quella furia sprizza
perfino scintille. Sulla riva, a pochi passi dall'onda, Hei Hai
Hou Wà è afferrato saldamente alla criniera del cavallo che
galoppa, e guarda il fiume. E gli sorride, lanciando in aria un
Hei Hai! oppure un Hou Wà! E si sbizzarrisce con tutte le
combinazioni di quelle sillabe irochesi. Preso dalla felicità,
non la smette più di strillare, ripetendo e mescolando i quattro
suoni che compongono il suo nome: Hei! Hou! Hai! Hei, Hai, Hou,
Wà!
Provate anche voi, miei giovani
amici, in modo che vi riesca di entrare a fondo nel racconto. Non
è difficile, e se vi mettete in piedi così (scusate, ma
io devo reggermi sul bastone) e alzate la voce per gridare
Hei Hai Hou Wà, vi sentirete carichi di energia a tal punto da
saltare in groppa ai vostri cavalli per fare lo stesso gioco
dell'indiano.
Chiunque si avvicini al fiume per
prendere lacqua o lo attraversi per altri motivi, e senta
ripetersi la voce del bambino, sa che deve allontanarsi al più
presto, perché una forza della natura si scatena, e si annuncia
per non fare stragi. I ragazzi più grandi del villaggio avevano
iniziato a chiamare così Hei Hai Hou Wà, per prenderlo in giro,
unumiliazione che gli infliggevano ogni volta che
lincontravano. Perché loro sentivano solo i versi, e non
lavevano mai visto gareggiare col fiume. Ma dopo il
racconto di Mille Scalpi, il più valoroso guerriero della
Nazione Indiana, che ha ucciso tanti cani bianchi, tutti hanno
rispetto per quel magico bambino. Perciò, il suo nome non è
più un insulto, ma è diventato un nome sacro.
Un giorno, infatti, davanti al Grande Capo
e al Consiglio della Sera convocato d'urgenza, Mille Scalpi aveva
raccontato spaventatissimo la sua avventura. Quel pomeriggio,
dopo la caccia, stava rientrando al villaggio. Per non affaticare
troppo il suo cavallo, che aveva corso tutto il giorno in lungo e
in largo dietro ai bisonti, era sceso e lo precedeva di alcuni
passi, attraversando il fiume dove l'acqua è bassa e la corrente
va piano. Tutto dun tratto, dopo aver sentito più volte il
grido di Hei Hai Hou Wà, accompagnato da un boato fortissimo,
aveva visto una montagna d'acqua e di sassi precipitare verso di
lui. Poco più indietro, il ragazzino a cavallo e il suo corvo
volavano letteralmente sul sentiero della riva opposta. Capendo
che non sarebbe riuscito a sfuggire a quell'onda gigante, piena
di ciottoli pericolosi, Mille Scalpi si era coperto il volto con
le mani e si era inginocchiato, preparandosi a morire. Stava
pregando Manitù di accoglierlo in Cielo tra gli Antenati, quando
sentì il bambino gridare: "Fermi tutti!"
Allora il guerriero aveva
rialzato il busto, e scoperto a poco a poco la faccia. Spiando
timoroso tra le dita, con la sorpresa più grande della sua vita
aveva visto quel cucciolo con la mano alzata fermare l'onda del
fiume, la quale, obbedendogli, si era subito calmata. Invece di
farlo annegare, gli era girata intorno come un grande serpente,
poi gli si era rotta sul torace senza ferirlo, sollevandogli i
piedi dal fondo e lasciandolo dove si trovava. E, la cosa più
straordinaria aveva aggiunto Mille Scalpi fu che
dopo averlo superato, l'onda si innalzò di un braccio sopra la
sua testa e si precipitò di nuovo a valle in un punto in
cui non c'era dislivello, né vento, né bisonti che potessero
muoverla a quel modo mentre Hei Hai Hou Wà riprendeva a
urlare e ad inseguirla, con il corvo al fianco. Potete ben capire che, dopo il racconto di
Mille Scalpi, nessuno osò più burlarsi del nostro amico e delle
sue grida. Lo sciamano disse che quel bambino era
lincarnazione dello Spirito del Fiume, e profetizzò che
sarebbe diventato un grande capo. Insomma, Hei Hai Hou Wà
acquisì autorità. I ragazzi che prima lo sfottevano ora lo
guardavano affascinati, e i genitori non osarono più proibirgli,
come prima avveniva, di passare le sue giornate a giocare con
lacqua.
Corrono, corrono e filano, giù
sullo stretto sentiero dellargine. Dopo alcune curve c'è
un enorme tronco coricato che viene saltato dalle forti zampe del
cavallo, ed ecco infine la frenata nella piana dopo la cascata,
dove il fiume si allarga e si trasforma in un laghetto. Il
ragazzo si butta indietro, strattona forte la criniera, il
cavallo allora punta le zampe sul terreno, e così si fermano.
Poi Hei Hai Hou Wà scende, posando i piedi sull'erba morbida.
Gli animali lo seguono: il cavallo soffia ancora, e a colpi di
coda scaccia le mosche attirate dal sudore, il corvo si posa su
un sasso vicino e passa il becco sotto le ali, come un pilota che
revisiona il suo aeroplano. L'onda si alza verso Hei Hai Hou Wà,
che sfiora con le dita la sua meravigliosa amica trasparente e
poi vi infila dentro il braccio nudo, e lo gira come un mestolo
nella polenta. E, come la pancia di un compagno che soffre il
solletico, l'onda ride e si contrae, tutta felice di quelle
attenzioni.
Ecco, ho finito. Quando penso a
mio nonno, non posso fare a meno di ricordare la storia di questo
piccolo indiano. E credetemi, io ne ho passate tante nella vita.
Ho visto la guerra e ho provato la fame, cose che voi avete
soltanto studiato a scuola. Sono finito tante volte in ospedale,
e ho perduto molte persone care. Il mondo è cambiato, tutto è
diventato grigio, ed è vero quel che dicono i giornali e la
televisione: non ci sono più le stagioni. Ma sono comunque
sereno, perché nella mia testa Hei Hai Hou Wà è rimasto sempre
lo stesso, urla e corre la sua corsa con il fiume. Era così
quando avevo otto e dieci anni, come voi, e lui fece la sua prima
apparizione lungo il beato sentiero della mia infanzia. Ed è
così anche adesso, mentre traballante su questo bastone mi avvio
verso il cimitero. Anche se gli anni passano, dentro di noi
qualcosa non cambia mai. Perché Hei Hai Hou Wà è l'eterno
bambino, il bambino che io sono stato, e quello che siete voi
oggi, e i bambini che verranno quando sarà il vostro turno di
essere nonne e nonni. Già, per questo mi piace tanto questa
storia. Hei Hai Hou Wà è in fondo al cuore di ciascuno di noi,
e scandisce con la sua corsa il Tempo-Che-Non-Passa, quello delle
storie. E ricordate: se la vita si farà amara e avrete la
sensazione di avere perso tutto, o che state per essere
schiacciati, allontanati o imprigionati, è bello sapere che con
un piccolo pensiero potete gridare al vento i nomi della vita, e
in groppa al vostro cavallo e con l'amico corvo in scia,
galoppare felici sul fiume della fantasia.
FINE
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